Invasione di cemento, cancellati 7 km di costa marchigiana Stampa

lungomare_civitanovaANCONA 29.7.2011 - Lo denuncia Legambiente con la presentazione del primo dossier sul consumo di suolo nelle area costiera marchigiana

Il 58% della costa marchigiana è sparito sotto il cemento. Lo denuncia Legambiente con la presentazione del primo dossier sul consumo di suolo nelle aree costiere italiane, studio che a partire dalle Marche andrà a approfondire la condizione dell’urbanizzazione in tutte le aree costiere italiane. Lo studio dedicato al consumo di suolo della costa marchigiana, mette in luce la gravità della trasformazione del paesaggio costiero negli ultimi decenni. Dei suoi 169 km di lunghezza, da Gabicce Mare a San Benedetto del Tronto, le Marche contano ben 98 km di costa oramai trasformati a usi urbani e infrastrutturali. Più nel dettaglio, lo studio ha suddiviso il paesaggio costiero marchigiano in cinque tipologie: industriali e portuali; i centri urbani ad alta densità; i paesaggi urbani a bassa densità; i paesaggi ancora agricoli e naturali.

Nel dettaglio opere infrastrutturali e industrie occupano 13 km della costa mentre sono 51 i km di paesaggio urbano molto denso, 33 km di litorale sono occupati da insediamenti abitati con bassa densità che si susseguono quasi ininterrottamente lungo la linea di costa. Restano 33 km costieri che possono considerarsi ancora paesaggi agricoli e 39 km di paesaggi naturali. “Questi numeri parlano chiaro – commenta Luigino Quarchioni, presidente di Legambiente Marche -, il paesaggio costiero della Regione Marche è fortemente a rischio. Le coste sono un bene finito e non rinnovabile che non possiamo permetterci di sperperare. È nel paesaggio che risiede la nostra identità e la ricchezza su cui scommettere per il futuro di tutto il territorio. Uno dei motivi che ha portato a questa situazione è la mancanza di tutela di queste aree, ed è per questo, quindi, che chiediamo alla Regione di tutelare questo enorme patrimonio, rivedendo il Piano Paesaggistico e fissando un vincolo d’inedificabilità assoluta, com’è stato fatto nel 2006 in Sardegna dalla Giunta Soru”.

 Sono, infatti, solo 26 i km di costa liberi dal cemento e intoccabili perché ricadenti nelle due grandi aree protette, formate dal Parco Regionale del Monte Conero e il Parco Regionale del Monte San Bartolo. Per gli altri 28 chilometri di aree agricole e 14 di aree ancora naturali il rischio è che finiscano cancellati dalla continua crescita del cemento. Anche perché sono gli ultimi lembi rimasti liberi nel continuum di case che caratterizza oggi il paesaggio costiero marchigiano.

 Solo tra il 1988 e il 2006, come evidenziato dallo studio, nelle Marche sono stati cancellati 7 km di costa, e negli ultimi cinque anni il processo è andato ancora avanti. Questo fenomeno di ulteriore occupazione di suolo è stato reso possibile da Piani regolatori comunali e in gran parte a favore di nuove case, per l’espansione di alcuni agglomerati che si susseguono lungo la costa, ma soprattutto, per la saldatura di altri insediamenti causati dall’aumento di densità dell’urbano costiero. Questo significa che il 64% di questo consumo, cioè 4,5 km, è avvenuto per usi prettamente urbani (residenziali e servizi annessi); il restante 36%, quindi 2,5 km, consiste in opere infrastrutturali e industriali. Ne sono esempio l’area industriale di Fano e l’ampliamento del suo porto, ma anche l’area industriale di Senigallia e la crescita di Pedaso.

 

“Le aree costiere sono un patrimonio italiano a rischio, ma anche una straordinaria opportunità di valorizzazione ambientale, turistica e economica - ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile urbanistica di Legambiente -. Per questo motivo abbiamo deciso di avviare un monitoraggio delle trasformazioni che stanno avvenendo lunga tutta la Penisola, a partire dalle Marche, che continuerà nei prossimi anni. Siamo infatti convinti che sia nell’interesse di tutti tutelare le aree ancora libere dall’edificato e, al contempo, avviare una diffusa e incisiva riqualificazione di un edilizia urbana e turistica spesso costruita con ottica speculativa, senza qualità e futuro nello scenario turistico internazionale”.