Sembra incredibile, ma nelle Marche si continua a morire per il maltempo o, meglio, per frane e alluvioni che puntualmente colpiscono la nostra regione. Senza contare che, nell’arco degli ultimi 3 anni solo per un fortuito caso non si sono verificati morti. Allora ci furono 2 morti a Sant’Elpidio a Mare ed
Da tempo, infatti, Legambiente ha fornito una fotografia a dir poco allarmante sullo stato della nostra regione per quanto riguarda frane e alluvioni. Anzi, quell’allarme Legambiente lo lancia ogni anno al momento di rendere nota l’annuale indagine “Ecosistema rischio” organizzata dalla stessa Legambiente insieme al Dipartimento della Protezione Civile e dedicata al rischio idrogeologico. E quell’indagine a fine 2013 (così come negli anni precedenti) forniva un quadro sin troppo eloquente: ben 239 comuni marchigiani erano ad elevato rischio di frane o alluvioni. Un dato allarmante, ancor più se si pensa che nel 2010, cioè l’anno precedente al primo disastro con morti, erano 238 i comuni marchigiani a rischio: uno in meno di oggi. Questo significa che in 4 anni non è stato fatto nulla per migliorare la situazione. Continuando nell’analisi dei dati di “Ecosistema rischio 2014 emerge che nelle province di Ancona, Macerata e Pesaro e Urbino il 100% delle amministrazioni comunali è a rischio. Seguono la provincia di Ascoli con il 97% e quella di Fermo con il 95% .
L'83% dei comuni ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi o in aree a rischio frana, il 38% ha addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 63% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali, con evidente rischio non solo per l'incolumità dei dipendenti ma anche per eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Complessivamente, tra abitazioni e strutture industriali e sensibili, si stima che nei 239 comuni marchigiani classificati a rischio dal Ministero dell'Ambiente e dall'UPI, ci siano circa 200.000 persone esposte al pericolo. A fonte di una urbanizzazione così pesante delle aree a rischio sono ancora molto in ritardo gli interventi di delocalizzazione: solo nel 4% dei casi sono state avviate iniziative di delocalizzazione di abitazioni dalle aree più a rischio, percentuale che scende a 1 considerando gli insediamenti industriali che insistono su aree esposte a pericolo di frane e/o alluvioni.
Nel 62% dei comuni sono stati realizzati interventi di manutenzione ordinaria delle sponde e delle opere di difesa idraulica e interventi di messa in sicurezza dei corsi d'acqua e di consolidamento dei versanti franosi. Attività che non competono esclusivamente alle amministrazioni comunali e per le quali è necessario un positivo percorso che coinvolga anche le province e gli altri enti nella realizzazione di seri interventi di messa in sicurezza del territorio. Secondo “Ecosistema rischio” i Comuni migliori per prevenzione e informazione sui rischi da frane e alluvione sono Serra de’ Conti(An) che ha ottenuto un punteggio (da
Di positivo c’è, però, la situazione relativa alla pianificazione dell'emergenza e all'organizzazione della protezione civile locale, con l’86% dei comuni che ha predisposto un piano d'emergenza con il quale fronteggiare situazioni di crisi e il 51% delle municipalità lo hanno aggiornato negli ultimi due anni, fatto estremamente importante giacché disporre di piani vecchi può costituire un grave limite in caso di necessità. Il 37% dei Comuni si è dotato di sistemi di monitoraggio per l'allerta tempestiva in caso di pericolo di alluvione o frana. Non meno preoccupante è, poi, l’allarme lanciato da qualche anno da Coldiretti sull’eccessiva cementificazione del territorio regionale. Secondo Coldiretti, infatti, nelle Marche il cemento "mangia"24 mq di territorio al minuto. E l'erosione di territorio agricolo, naturale o semi-naturale, a beneficio di asfalto, edifici e capannoni, aumenta il rischio di inondazioni e frane. Dal 2009 al 2012, la regione ha perso 37 milioni di metri quadrati di suolo ''naturale''. L'impermeabilizzazione dei terreni fa sì che i cambiamenti climatici, con precipitazioni sempre più intense e frequenti, provochino danni maggiori. Mentre le attività agricole, soppiantate da asfalto e capannoni, garantirebbero una manutenzione costante del territorio. Anche Coldiretti aveva lanciato un accorato appello alle istituzioni ed alle forze politiche. Appello che, come quelli di Legambiente, è puntualmente caduto nel vuoto.
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